“Accadono grandi cose quando gli uomini e le montagne si incontrano”. Così scriveva William Blake, uno dei più grandi poeti inglesi all’inizio del XIX secolo. E non può che esserci pensiero più veritiero. Spesso si pensa alla montagna come ad un’entità remota, imperturbabile e immobile nel tempo, formata da roccia e natura inviolata, scevra di ogni forma di contatto umano che ne deteriori l’originale purezza e sacralità. La montagna non è fatta però solo di questo, ma anche dagli uomini che la abitano e che l’hanno da sempre abitata. Uomini che per secoli e millenni hanno saputo adattarcisi, conviverci e soprattutto interagirci sfruttando ciò che essa offriva e, in piena sintonia con l’ambiente circostante, modificandone la forma originale per lasciare un’impronta indelebile del loro passaggio. Ed ecco quindi che le montagne ci parlano: esse, con le loro rocce e le loro tracce del passato, possono raccontarci la propria storia geologica, ben più antica di quella umana, nonché quella dei popoli che l’hanno vissuta e trasformata incessantemente nel tempo, di cui è possibile riscontrare i segni della loro presenza.
In questo articolo voglio guidarvi a fare un viaggio in un’area montana piuttosto remota della Turchia non ancora raggiunta da itinerari turistici, che conserva superbamente le testimonianze di un maestoso passato geologico, archeologico e culturale. Questa regione è situata nell’Anatolia centro-occidentale tra le città di Afyonkarahisar a sud, Eskişehir a nord e Kütahya ad ovest, rispettivamente a capo delle omonime province.
A primo impatto questa terra potrebbe sembrare poco legata all’immagine comune di “montagna”: non si osservano infatti svettare in cielo alti rilievi dai ripidi pendii con cime aguzze perennemente innevate che formano strette valli attraversate da torrenti impetuosi. La regione è invece costituita da un vasto plateau dall’aspetto prevalentemente stepposo alternato a dense foreste di pini e rose canine, la cui morfologia vagamente ondulata è costellata da una miriade di formazioni rocciose dalle forme estremamente peculiari e bizzarre, ed è interrotta solo nella sua porzione centrale da una serie di rilievi più aspri. Non ci si faccia però ingannare dalla forma del paesaggio, apparentemente omogenea e piatta: l’Anatolia costituisce infatti un immenso altopiano che in quest’area è ubicato costantemente al di sopra dei 1000 metri sul livello del mare, superando la quota di 1800 metri con la vetta del monte Türkmen Dağ.
Per quale motivo allora questa regione dovrebbe destare particolare interesse ad un appassionato di montagna? Le ragioni sono innumerevoli, e la prima è insita proprio nell’origine geologica di questa terra, che è in parte svelata dalle sagome alquanto fantasiose delle formazioni piramidali in cui ci si imbatte camminando lungo gli innumerevoli sentieri che si inerpicano tra canaloni di roccia, spesso nascosti tra verdeggianti campi d’oppio. Queste formazioni rocciose sono chiamate “camini delle fate”, meglio conosciute in turco come “peri bacaları”, esattamente le stesse strutture colonnari che si possono osservare nella più nota e non lontana Cappadocia. Il nome deriva dalla concezione popolare secondo cui i massi presenti sulle loro sommità furono posati da divinità celesti, ed è proprio questa la risposta che vi sentireste dare circa la loro origine da uno dei tanti pastori locali che popolano l’altopiano con i loro greggi, i quali, per parlarne, vi inviteranno molto probabilmente a tavola seduti insieme a loro e alle loro famiglie offrendovi un tipico pasto locale a base di zuppa di lenticchie, pollo accompagnato da pomodori e peperoni alla brace colti al momento, cetrioli e formaggio fresco caprino. Spesso la gente locale rimane stupita e incredula quando gli si svela che la vera origine di queste rocce non ha a che fare con le divinità celesti, bensì è vulcanica ed è imputabile all’antica presenza di una serie di complessi vulcanici che, nell’arco degli ultimi venti milioni di anni, hanno dato origine ad alcune tra le più imponenti eruzioni esplosive mai documentate nella storia geologica del Vicino Oriente. Alcune grandi camere magmatiche che alimentavano tali complessi, una volta raggiunti alti valori di pressione del magma, si sono rapidamente svuotate in seguito a potenti eruzioni pliniane che hanno originato colonne di cenere e gas alte decine di chilometri oltre a distruttivi flussi piroclastici costituiti da miscugli di frammenti di roccia, magma e gas che hanno sommerso turbolentemente tutto ciò che hanno incontrato lungo il loro percorso, dando origine ai depositi ignimbritici che costituiscono la maggior parte delle rocce presenti in quest’area. I grandi complessi vulcanici sono in seguito collassati sotto il proprio peso generando le caldere, depressioni dalla forma circolare di cui si possono tuttora osservare alcune vaghe evidenze topografiche. Le tracce dei pochi edifici vulcanici sopravvissuti a questo grande collasso sono ormai quasi del tutto scomparse, cancellate dall’azione incessante e irreversibile dell’erosione che ha ulteriormente spianato le forme coniche delle antiche strutture eruttive e ha modellato i depositi ignimbritici trasformandoli in peri bacaları. Un’ottima area per potersi addentrare tra i colossali pilastri di roccia e osservarne da vicino la struttura è nei pressi del villaggio di Seydiler, a circa trenta chilometri da Afyonkarahisar in direzione di Sivrihisar. Di tanto in tanto è ancora possibile imbattersi in strati di lava andesitica e di ossidiana, che testimoniano la turbolenta attività esplosiva dell’area, seguita dalla più recente attività effusiva di tipo basaltico che ha edificato il monte Türkmen Dağ.
A questo punto, se si è disposti a volersi avventurare tra i tortuosi stretti sentieri che costeggiano i peri bacaları, spesso frequentati anche da tartarughe di terra dall’andamento rilassato che potrebbero spezzare il proprio ritmo di marcia, non ci si potrà che non imbattere nei resti di qualche antica struttura cerimoniale, di tombe e di templi scavati nella roccia. Queste sono le vestigia dell’antica civiltà frigia, che ha vissuto queste terre tre millenni di anni or sono e la cui area di influenza si estende in tutta l’Anatolia centro-occidentale. E’ a dir poco emozionante pensare camminare sui resti di antichi depositi vulcanici, che milioni di anni dopo sono diventati casa di un antico popolo. Tra i resti più interessanti da visitare è degno di nota un altare interamente scavato in un peri bacası (forma singolare di peri bacaları) lungo la sponda meridionale del lago di Döğer, sagomato al suo interno con le forme di due leoni. Proseguendo verso est, lungo la strada che collega il villaggio di Döğer con quello di Bayramaliler e poi di Demirli, vi troverete completamente immersi tra innumerevoli e imponenti peri bacaları che ospitano numerose necropoli sempre scavate nella roccia, ed infine, superando il villaggio di Demirli andando in direzione della strada statale che collega Eskişehir ad Afyonkarahisar, costeggerete alla vostra destra una serie di tumuli e altari dalle forme di leone e di serpente sempre sagomati nei depositi ignimbritici: Aslantaş e Yılantaş (lett.: “testa di leone” e “testa di serpente”). Altri eccezionali siti archeologici da non perdere sorgono lungo la Valle Frigia, conosciuta in turco come Frig Vadisi, situata una ventina di chilometri più a nord verso la città di Eskişehir. Nei pressi del villaggio di Yazılıkaya è possibile visitare i resti della tomba del famoso re Mida (VI secolo a.C.), perfettamente preservata. Superata la facciata della tomba, decorata con numerose inscrizioni in cuneiforme, si può continuare il percorso lungo un sentiero alla base di alcuni colossali peri bacaları, in cui sono scavate altre tombe e altari di varia forma e grandezza.
Quest’angolo di Turchia costituisce un gioiello in un ambiente montano ancora del tutto da scoprire, che racchiude un patrimonio geologico, naturalistico, storico e culturale di inestimabile valore. Camminare sulle antiche tracce del popolo frigio e sui più antichi resti dei vulcani che un tempo popolavano questa regione, tra i greggi di pecore guidati dai loro pastori dall’animo ospitale e gentile, è un’esperienza quasi mistica che permette di contemplare la magnificenza di un ambiente e di un popolo rimasti ancora del tutto autentici, la cui storia si perde al confine tra realtà e leggenda.
A primo impatto questa terra potrebbe sembrare poco legata all’immagine comune di “montagna”: non si osservano infatti svettare in cielo alti rilievi dai ripidi pendii con cime aguzze perennemente innevate che formano strette valli attraversate da torrenti impetuosi. La regione è invece costituita da un vasto plateau dall’aspetto prevalentemente stepposo alternato a dense foreste di pini e rose canine, la cui morfologia vagamente ondulata è costellata da una miriade di formazioni rocciose dalle forme estremamente peculiari e bizzarre, ed è interrotta solo nella sua porzione centrale da una serie di rilievi più aspri. Non ci si faccia però ingannare dalla forma del paesaggio, apparentemente omogenea e piatta: l’Anatolia costituisce infatti un immenso altopiano che in quest’area è ubicato costantemente al di sopra dei 1000 metri sul livello del mare, superando la quota di 1800 metri con la vetta del monte Türkmen Dağ.
Per quale motivo allora questa regione dovrebbe destare particolare interesse ad un appassionato di montagna? Le ragioni sono innumerevoli, e la prima è insita proprio nell’origine geologica di questa terra, che è in parte svelata dalle sagome alquanto fantasiose delle formazioni piramidali in cui ci si imbatte camminando lungo gli innumerevoli sentieri che si inerpicano tra canaloni di roccia, spesso nascosti tra verdeggianti campi d’oppio. Queste formazioni rocciose sono chiamate “camini delle fate”, meglio conosciute in turco come “peri bacaları”, esattamente le stesse strutture colonnari che si possono osservare nella più nota e non lontana Cappadocia. Il nome deriva dalla concezione popolare secondo cui i massi presenti sulle loro sommità furono posati da divinità celesti, ed è proprio questa la risposta che vi sentireste dare circa la loro origine da uno dei tanti pastori locali che popolano l’altopiano con i loro greggi, i quali, per parlarne, vi inviteranno molto probabilmente a tavola seduti insieme a loro e alle loro famiglie offrendovi un tipico pasto locale a base di zuppa di lenticchie, pollo accompagnato da pomodori e peperoni alla brace colti al momento, cetrioli e formaggio fresco caprino. Spesso la gente locale rimane stupita e incredula quando gli si svela che la vera origine di queste rocce non ha a che fare con le divinità celesti, bensì è vulcanica ed è imputabile all’antica presenza di una serie di complessi vulcanici che, nell’arco degli ultimi venti milioni di anni, hanno dato origine ad alcune tra le più imponenti eruzioni esplosive mai documentate nella storia geologica del Vicino Oriente. Alcune grandi camere magmatiche che alimentavano tali complessi, una volta raggiunti alti valori di pressione del magma, si sono rapidamente svuotate in seguito a potenti eruzioni pliniane che hanno originato colonne di cenere e gas alte decine di chilometri oltre a distruttivi flussi piroclastici costituiti da miscugli di frammenti di roccia, magma e gas che hanno sommerso turbolentemente tutto ciò che hanno incontrato lungo il loro percorso, dando origine ai depositi ignimbritici che costituiscono la maggior parte delle rocce presenti in quest’area. I grandi complessi vulcanici sono in seguito collassati sotto il proprio peso generando le caldere, depressioni dalla forma circolare di cui si possono tuttora osservare alcune vaghe evidenze topografiche. Le tracce dei pochi edifici vulcanici sopravvissuti a questo grande collasso sono ormai quasi del tutto scomparse, cancellate dall’azione incessante e irreversibile dell’erosione che ha ulteriormente spianato le forme coniche delle antiche strutture eruttive e ha modellato i depositi ignimbritici trasformandoli in peri bacaları. Un’ottima area per potersi addentrare tra i colossali pilastri di roccia e osservarne da vicino la struttura è nei pressi del villaggio di Seydiler, a circa trenta chilometri da Afyonkarahisar in direzione di Sivrihisar. Di tanto in tanto è ancora possibile imbattersi in strati di lava andesitica e di ossidiana, che testimoniano la turbolenta attività esplosiva dell’area, seguita dalla più recente attività effusiva di tipo basaltico che ha edificato il monte Türkmen Dağ.
A questo punto, se si è disposti a volersi avventurare tra i tortuosi stretti sentieri che costeggiano i peri bacaları, spesso frequentati anche da tartarughe di terra dall’andamento rilassato che potrebbero spezzare il proprio ritmo di marcia, non ci si potrà che non imbattere nei resti di qualche antica struttura cerimoniale, di tombe e di templi scavati nella roccia. Queste sono le vestigia dell’antica civiltà frigia, che ha vissuto queste terre tre millenni di anni or sono e la cui area di influenza si estende in tutta l’Anatolia centro-occidentale. E’ a dir poco emozionante pensare camminare sui resti di antichi depositi vulcanici, che milioni di anni dopo sono diventati casa di un antico popolo. Tra i resti più interessanti da visitare è degno di nota un altare interamente scavato in un peri bacası (forma singolare di peri bacaları) lungo la sponda meridionale del lago di Döğer, sagomato al suo interno con le forme di due leoni. Proseguendo verso est, lungo la strada che collega il villaggio di Döğer con quello di Bayramaliler e poi di Demirli, vi troverete completamente immersi tra innumerevoli e imponenti peri bacaları che ospitano numerose necropoli sempre scavate nella roccia, ed infine, superando il villaggio di Demirli andando in direzione della strada statale che collega Eskişehir ad Afyonkarahisar, costeggerete alla vostra destra una serie di tumuli e altari dalle forme di leone e di serpente sempre sagomati nei depositi ignimbritici: Aslantaş e Yılantaş (lett.: “testa di leone” e “testa di serpente”). Altri eccezionali siti archeologici da non perdere sorgono lungo la Valle Frigia, conosciuta in turco come Frig Vadisi, situata una ventina di chilometri più a nord verso la città di Eskişehir. Nei pressi del villaggio di Yazılıkaya è possibile visitare i resti della tomba del famoso re Mida (VI secolo a.C.), perfettamente preservata. Superata la facciata della tomba, decorata con numerose inscrizioni in cuneiforme, si può continuare il percorso lungo un sentiero alla base di alcuni colossali peri bacaları, in cui sono scavate altre tombe e altari di varia forma e grandezza.
Quest’angolo di Turchia costituisce un gioiello in un ambiente montano ancora del tutto da scoprire, che racchiude un patrimonio geologico, naturalistico, storico e culturale di inestimabile valore. Camminare sulle antiche tracce del popolo frigio e sui più antichi resti dei vulcani che un tempo popolavano questa regione, tra i greggi di pecore guidati dai loro pastori dall’animo ospitale e gentile, è un’esperienza quasi mistica che permette di contemplare la magnificenza di un ambiente e di un popolo rimasti ancora del tutto autentici, la cui storia si perde al confine tra realtà e leggenda.